Immagina che il web sia un'immensa città con una memoria quasi perfetta. Anni fa, qualcuno ha scritto il tuo nome su un muro in una piazza molto frequentata. All'epoca, magari quella scritta aveva un senso, raccontava un momento, una versione di te. Ma il tempo è passato, tu sei andato avanti, e quel graffito è ancora lì, illuminato a giorno, e tut
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La presente disamina ha lo scopo di illustrare, con approccio tecnico e sistematico, gli istituti giuridici e le procedure operative volte a ottenere la cancellazione o la deindicizzazione di articoli di stampa e notizie online che risultino lesive della reputazione e della riservatezza di un soggetto. La materia è disciplinata da un complesso normativo che trova i suoi cardini nel Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), nel D.Lgs. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), come novellato dal D.Lgs. 101/2018, nonché in una consolidata giurisprudenza nazionale e sovranazionale.
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È imperativo operare una preliminare e fondamentale distinzione concettuale tra due distinti, sebbene interconnessi, rimedi:
La cancellazione (o rimozione): intervento ablativo che mira all'eliminazione fisica e definitiva del contenuto dalla sua fonte originaria (il server dell'editore). Tale operazione è di competenza esclusiva del Titolare del trattamento, ovvero l'editore della testata online. La deindicizzazione (c.d. Diritto all'Oblio): intervento che non incide sulla sussistenza del contenuto alla fonte, ma ne inibisce la reperibilità tramite i motori di ricerca in associazione a determinate parole chiave (tipicamente, il nominativo del richiedente).
L'Istanza di Cancellazione al Titolare del Trattamento (art. 17 GDPR)
Il diritto alla cancellazione dei dati personali è positivizzato all'art. 17 del GDPR. L'interessato ha il diritto di ottenere dal Titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo, qualora sussista uno dei motivi elencati dalla norma. Con riferimento a contenuti giornalistici, le ipotesi di maggior rilievo sono: a) I dati non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti (criterio dell'attualità della notizia). b) I dati sono stati trattati illecitamente (ad es. in caso di diffamazione accertata in sede giudiziale). c) L'interessato si oppone al trattamento ai sensi dell'art. 21 GDPR.
Tuttavia, tale diritto non è assoluto. L'art. 17, par. 3, GDPR prevede specifiche deroghe, tra cui spicca quella relativa all'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione. L'applicazione di tale deroga impone un'operazione di bilanciamento tra il diritto alla protezione dei dati personali (e, più in generale, alla reputazione e all'identità personale) e il pubblico interesse alla conoscenza della notizia.
I criteri ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza per effettuare tale bilanciamento includono:
Il trascorrere del tempo: Il fattore temporale è determinante. Una notizia, pur legittima al momento della sua pubblicazione, perde di attualità e di interesse pubblico con il passare degli anni, determinando l'affievolimento del diritto di cronaca a fronte del diritto dell'interessato a non vedere perpetuata la rappresentazione di sé legata a specifici eventi passati.
Il ruolo pubblico del soggetto: La notorietà del soggetto interessato e il suo ruolo nella vita pubblica possono giustificare il mantenimento della notizia online per un periodo più esteso.
La natura del fatto narrato: La gravità dei fatti e la loro rilevanza storica o sociale incidono sulla persistenza dell'interesse pubblico.
L'aggiornamento della notizia: L'editore è tenuto, in base al principio di esattezza dei dati (art. 5 GDPR), ad aggiornare il contenuto qualora siano intervenuti sviluppi successivi che ne modifichino la portata (es. una sentenza di assoluzione).
Procedura Operativa: L'istanza deve essere inoltrata in forma scritta (preferibilmente via PEC o raccomandata A/R) all'editore, individuato quale Titolare del trattamento. L'atto deve contenere: l'identificazione certa del richiedente, l'URL specifico del contenuto da rimuovere, una dettagliata esposizione delle motivazioni di fatto e di diritto a fondamento della richiesta e l'intimazione a provvedere entro i termini di legge (30 giorni, ex art. 12 GDPR).
L'Istanza di Deindicizzazione al Gestore del Motore di Ricerca
Questo rimedio, la cui genesi risale alla celebre sentenza Google Spain della CGUE (Causa C-131/12), si rivolge non all'autore del contenuto, ma all'intermediario che ne facilita la reperibilità. Il gestore del motore di ricerca è qualificato come Titolare autonomo del trattamento dei dati personali che indicizza e rende accessibili.
La richiesta di deindicizzazione mira a dissociare il nominativo dell'interessato dall'URL della notizia pregiudizievole all'interno delle pagine dei risultati del motore di ricerca (SERP). Il contenuto rimane giuridicamente e tecnicamente esistente sul sito di origine.
Anche in questo caso, il gestore è tenuto a compiere un'autonoma valutazione di bilanciamento degli interessi in gioco. I criteri sono analoghi a quelli sopra esposti, ma il punto di osservazione è differente: si valuta l'impatto pregiudizievole derivante non dalla mera esistenza della notizia, ma dalla sua ubiqua e immediata accessibilità garantita dal motore di ricerca. La giurisprudenza tende a considerare il diritto dell'interessato prevalente con maggior frequenza in sede di deindicizzazione rispetto alla cancellazione alla fonte, in quanto il sacrificio imposto alla libertà di informazione è considerato meno intenso.
Procedura Operativa: La richiesta viene veicolata tramite appositi moduli online messi a disposizione dai provider (es. Google, Bing). È fondamentale compilare l'istanza con la massima precisione, allegando ogni documento utile a comprovare le proprie ragioni (es. provvedimenti giudiziari di archiviazione o assoluzione). L'esito positivo comporta, di norma, una deindicizzazione con efficacia territoriale limitata alle versioni europee del motore di ricerca (c.d. "geoblocking").
Strumenti di Tutela Avverso il Diniego
In caso di rigetto dell'istanza o di mancato riscontro nei termini, l'ordinamento appresta due principali canali di tutela:
Reclamo all'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali (art. 77 GDPR): L'interessato può depositare un reclamo formale al Garante, il quale, esperita un'istruttoria, può adottare provvedimenti correttivi, ingiuntivi e sanzionatori nei confronti del Titolare inadempiente (sia esso l'editore o il gestore del motore di ricerca).
Ricorso all'Autorità Giudiziaria Ordinaria (art. 79 GDPR): L'interessato ha facoltà di adire il Tribunale competente per far accertare il proprio diritto e ottenere un provvedimento d'urgenza o una sentenza di merito che ordini al Titolare di conformarsi alla richiesta.
La strategia difensiva più efficace prevede, nella maggior parte dei casi, un'azione coordinata: l'invio di una formale istanza di cancellazione all'editore, contestualmente o immediatamente seguita da una richiesta di deindicizzazione al motore di ricerca. La redazione di tali istanze richiede un'argomentazione rigorosa, fondata su precisi riferimenti normativi e giurisprudenziali e supportata da un'adeguata documentazione probatoria. La complessità del bilanciamento degli interessi in gioco e la tecnicità della procedura rendono altamente consigliabile l'assistenza di un legale specializzato nella materia, al fine di massimizzare le probabilità di successo e di approntare l'eventuale successiva fase contenziosa.
Redazione
Autore dell'articolo
Giornalista e scrittore appassionato di politica, tecnologia e società. Racconta storie con chiarezza e attenzione ai dettagli.
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