Roma - Trovare una pizza margherita a meno di 10 euro è diventata un'impresa nella Capitale. Quello che un tempo era il pasto conviviale per eccellenza, accessibile a tutte le tasche, oggi rischia di trasformarsi in un bene di lusso. Un'escalation di prezzi che non solo svuota i portafogli di romani e turisti, ma che rischia di incrinare la reputazione culinaria di una città che ha fatto della sua cucina popolare un vanto internazionale.
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Secondo l'ultima indagine del Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc), basata su dati Istat, il costo della pizza in Italia è lievitato di quasi il 20% negli ultimi sei anni, con una spesa media che supera i 12 euro a persona per pizza e bevanda. A Roma, la situazione è ancora più critica, con una media che si attesta tra i 10 e i 15 euro.
Se a livello nazionale la maglia nera del "caro-pizza" spetta a Reggio Emilia, con una media di 17,58 euro, seguita da Siena (17,24 euro) e Macerata (16,25 euro), la Capitale si posiziona in una fascia alta, un dato che stride con l'immagine di una città dalla tradizione gastronomica generosa e a buon mercato. Sorprendentemente, la patria della pizza, Napoli, non è la più economica. Il primato spetta a Livorno, con un costo medio di 8,75 euro, seguita da Reggio Calabria (9,15 euro) e Pescara (9,37 euro).
All'origine di questa impennata c'è una "tempesta perfetta" che ha colpito il settore della ristorazione. Prima la pandemia di Covid-19, con le sue restrizioni e i costi di adeguamento, poi la crisi energetica, che ha fatto schizzare alle stelle i costi di gas ed elettricità, essenziali per i forni delle pizzerie. A dare il colpo di grazia, la guerra in Ucraina, che ha provocato una crisi nell'approvvigionamento di materie prime fondamentali come la farina e l'olio di semi.
Il problema, sottolineano in molti, è che terminata l'emergenza, i prezzi non sono tornati ai livelli pre-crisi, ma si sono assestati su un nuovo, e più alto, standard. Un fenomeno che secondo alcuni nasconde anche un elemento di speculazione.
C'è chi, però, a questa corsa al rialzo non ci sta. "Non puoi fare la pizza margherita a 11 euro, più di un piatto di pasta", è il commento che circola tra i pizzaioli più legati alla tradizione, come Francesco Cirillo della pizzeria Golfo di Napoli, premiata con due spicchi dal Gambero Rosso e protagonista dell'ultima stagione di "Foodish". Una frase che racchiude il sentimento di chi vede snaturato il senso stesso della pizza: un piatto democratico, un comfort food alla portata di tutti.
Queste "sacche di resistenza" si impegnano a mantenere prezzi onesti, spesso ottimizzando i costi, scegliendo fornitori locali e, a volte, riducendo i propri margini di guadagno per non gravare sui clienti. Un impegno che, tuttavia, è sempre più difficile da sostenere.
L'impatto sulla reputazione di Roma: da culla del buon cibo a "trappola per turisti"?
L'aumento dei prezzi della pizza, e più in generale della ristorazione, sta avendo un impatto tangibile sulla percezione di Roma. I social media e i forum di viaggi sono pieni di lamentele da parte di turisti che si sentono "spennati" per un pasto che si aspettavano essere economico.
L'avvicinarsi del Giubileo del 2025 non fa che acuire queste preoccupazioni. Associazioni di consumatori come Assoutenti hanno già lanciato l'allarme sul rischio di ulteriori aumenti ingiustificati, soprattutto nelle zone a maggiore affluenza turistica. Il timore è che l'immagine di Roma come città accogliente e accessibile venga irrimediabilmente danneggiata, trasformandola in una "trappola per turisti" dove la qualità non sempre giustifica il prezzo.
Anche i residenti vivono con frustrazione questa situazione. Per molti romani, la pizza del sabato sera è un rito che sta diventando sempre più oneroso, un lusso che non tutti possono più permettersi con la stessa frequenza di un tempo.
Di fronte a questa deriva, si levano voci in difesa della tradizione. Associazioni come l'Associazione Pizza Romana si battono per la tutela e la promozione della pizza romana nelle sue varianti (in teglia, alla pala, al piatto con il matterello), sottolineando l'importanza di un prodotto che affonda le sue radici nella storia della città.
La sfida per il futuro è complessa: da un lato, la necessità per i ristoratori di far fronte a costi operativi sempre più alti, dall'altro, l'esigenza di non tradire l'anima popolare di un piatto che è simbolo della cultura gastronomica italiana nel mondo.
La pizza a Roma si trova a un bivio. Potrà rimanere un'icona di convivialità e accessibilità, oppure diventerà un prodotto gourmet per pochi eletti, perdendo quel legame profondo con la città e i suoi abitanti che l'ha resa celebre. La risposta a questa domanda non dipenderà solo dalle dinamiche di mercato, ma anche dalla capacità di ristoratori, istituzioni e consumatori di proteggere un patrimonio che è, prima di tutto, culturale. La reputazione di Roma, anche a tavola, è in gioco.
Cristian Nardi
Autore dell'articolo
Giornalista e scrittore appassionato di politica, tecnologia e società. Racconta storie con chiarezza e attenzione ai dettagli.
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