C'è un angolo di Roma che per decenni è sembrato invisibile, un'isola di cemento e difficoltà nascosta tra le colline del Municipio XIII, a nord-ovest della capitale. È Bastoggi, un nome che per molti romani evoca immagini di degrado, marginalità e cronaca nera, un luogo reso celebre più dalla finzione cinematografica di "Come un gatto in tangenzia
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Ma oggi, dopo anni di abbandono e promesse mancate, per le circa 600 famiglie e oltre 2000 persone che chiamano Bastoggi "casa", si accende un barlume di speranza. Un finanziamento di nove milioni di euro, stanziato dal Comune, promette di avviare una riqualificazione attesa da troppo tempo, un'iniezione di fiducia per un quartiere che non si è mai arreso.
La storia di Bastoggi è un paradosso tutto italiano. Nato negli anni '80 come un lussuoso residence destinato al personale Alitalia, con tanto di piscina e campi da tennis, non è mai stato abitato dai suoi originari destinatari. Un investimento sbagliato, un colosso di sei palazzine lasciato a se stesso, che ben presto è diventato rifugio per chi una casa non ce l'aveva. Famiglie in emergenza abitativa, sfrattati, persone in attesa di un alloggio popolare: un'umanità varia e bisognosa che ha trovato in quei monolocali e bilocali un riparo precario.
Negli anni '90, il Comune di Roma acquisisce il complesso, trasformandolo ufficialmente in un Centro di Assistenza Alloggiativa Temporanea (CAAT). Una soluzione che, come spesso accade, da temporanea è diventata permanente. Per trent'anni, gli abitanti di Bastoggi hanno vissuto in un limbo giuridico e sociale, in un quartiere che non era un vero quartiere, privi di contratti d'affitto regolari e, di conseguenza, di molti dei diritti fondamentali di chi abita in una casa popolare. Questa "temporaneità permanente" ha significato una sola cosa: un progressivo e inesorabile declino.
"Dovevamo restare qui da sei mesi a un anno, sono passati trent'anni", raccontava qualche tempo fa un residente, una frase che riassume l'esperienza di un'intera comunità. Vivere a Bastoggi ha significato per anni fare i conti con un degrado strutturale pesante. Impianti fognari che cedono, allagando di liquami i sotterranei. Impianti elettrici fatiscenti, causa di frequenti e pericolosi incendi. Mancanza di acqua calda, ascensori fuori servizio, muffa alle pareti e intonaco che si sbriciola dai balconi. Una condizione di abbandono che ha reso la vita quotidiana una sfida costante.
"Ci hanno buttato qua e qui ci hanno lasciato", è il sentimento comune, la sensazione di essere stati dimenticati dalle istituzioni, visibili solo quando la cronaca nera accendeva i suoi riflettori. La reputazione di "ghetto" o di "quartiere più pericoloso d'Italia", alimentata da una certa narrazione mediatica, ha fatto il resto, creando una barriera invisibile tra Bastoggi e il resto della città. Trovare un lavoro, per chi vive qui, è spesso più difficile. "Appena dici che abiti a Bastoggi, storcono il naso", confidano i residenti.
Eppure, in questo contesto di difficoltà, la comunità di Bastoggi ha saputo creare una rete di solidarietà straordinaria. Un microcosmo dove ci si conosce tutti, dove ci si aiuta a vicenda. "Qui dentro ci si sente forse più al sicuro che fuori", ammette qualcuno. Sono gli stessi abitanti, spesso, a rimboccarsi le maniche, a pulire i corridoi, a sistemare alla bell'e meglio ciò che si rompe. È in questo spirito di resilienza che affondano le radici le tante associazioni e i comitati nati nel quartiere, veri e propri presidi di civiltà e speranza.
Figure come le suore missionarie della Fraternità dell'Incarnazione, presenti a Bastoggi da quasi trent'anni, rappresentano un punto di riferimento fondamentale, un'oasi di ascolto e di aiuto concreto. Il comitato di quartiere, con sede in un locale al piano terra, si batte da sempre per la cura degli spazi comuni e per dare voce alle istanze dei residenti. Realtà come queste, insieme a Caritas e ad altre organizzazioni del terzo settore, hanno tessuto negli anni una rete di supporto indispensabile, offrendo doposcuola per i bambini, distribuendo generi alimentari, organizzando attività sportive e sociali per togliere i ragazzi dalla strada.
Dopo decenni di "interventi spot", di piccole toppe che non hanno mai risolto i problemi strutturali, la notizia dello stanziamento di nove milioni di euro da parte del Comune di Roma per la riqualificazione di Bastoggi segna un potenziale punto di svolta. Questi fondi, inseriti nel bilancio comunale, sono destinati principalmente alla manutenzione straordinaria degli edifici. Un intervento massiccio per mettere in sicurezza le palazzine, rifare gli impianti, ristrutturare gli appartamenti e restituire dignità abitativa ai residenti.
L'avvio dei lavori è previsto entro l'inizio del 2026 e, aspetto fondamentale, il percorso di progettazione vedrà il coinvolgimento degli stessi abitanti e delle associazioni locali. Un approccio partecipativo che mira a rendere la riqualificazione non un'imposizione dall'alto, ma un processo condiviso, in grado di rispondere alle reali esigenze di chi vive il quartiere ogni giorno.
Ma la vera vittoria, per la comunità di Bastoggi, andrebbe oltre la pur necessaria ristrutturazione fisica. Da più parti, infatti, si leva una richiesta chiara e unanime: il passaggio definitivo dello status del complesso da Centro di Assistenza Alloggiativa Temporanea (CAAT) a Edilizia Residenziale Pubblica (ERP). Una trasformazione che, solo all'apparenza, sembra una questione burocratica. In realtà, significherebbe il riconoscimento di Bastoggi come un quartiere a tutti gli effetti, l'assegnazione di contratti di affitto regolari e, soprattutto, l'accesso a fondi e a programmi di manutenzione stabili nel tempo.
Recentemente, è stata presentata in Campidoglio una mozione in tal senso, sostenuta da diverse forze politiche e dalle realtà territoriali. "È un atto storico", hanno commentato i promotori, "il tentativo di restituire dignità a un quartiere dimenticato". Il passaggio a ERP è considerato il passo fondamentale per uscire dalla logica dell'emergenza e avviare una vera e propria rigenerazione non solo urbana, ma anche sociale.
La rinascita di Bastoggi, in realtà, non parte da zero. Negli ultimi anni, grazie alla collaborazione tra associazioni, fondazioni private e istituzioni accademiche come l'Università "La Sapienza", sono già stati realizzati interventi significativi che hanno iniziato a cambiare il volto del quartiere.
Un esempio virtuoso è stata la creazione di un campo da calcetto e di due aree gioco per bambini, realizzati con materiali ecosostenibili come la gomma riciclata da pneumatici fuori uso. Un progetto che ha restituito ai più piccoli e ai ragazzi uno spazio di aggregazione sicuro e moderno, un luogo dove socializzare e praticare sport. L'inaugurazione di questi spazi è stata una festa per tutto il quartiere, un segnale tangibile che il cambiamento è possibile.
Iniziative come il progetto "Santa Maradona", che ha dato vita a una squadra di calcio popolare per i giovani del quartiere, o i social market che forniscono supporto alimentare alle famiglie in difficoltà, dimostrano la vitalità e la capacità di auto-organizzazione della comunità. Questi "germogli di speranza", come li ha definiti la Caritas di Roma, sono la prova che la rigenerazione di una periferia non passa solo attraverso la riqualificazione edilizia, ma soprattutto attraverso il rafforzamento del tessuto sociale, la creazione di opportunità e la promozione del benessere psico-fisico dei suoi abitanti.
La strada per la piena rinascita di Bastoggi è ancora lunga e le sfide non mancano. La sfiducia accumulata in trent'anni di promesse non mantenute è un ostacolo da superare. Sarà fondamentale che le istituzioni mantengano gli impegni presi, che i fondi vengano spesi in modo trasparente ed efficace e che il dialogo con la comunità sia costante e reale.
La riqualificazione di Bastoggi non è solo una questione di giustizia sociale per i suoi abitanti. È una scommessa sul futuro delle periferie romane, un'occasione per dimostrare che è possibile ricucire gli strappi tra centro e margini, trasformando i luoghi del disagio in laboratori di innovazione sociale e urbana.
Oggi, passeggiando tra le sei palazzine di Bastoggi, si respira un'aria nuova, un misto di cauto ottimismo e di tenace speranza. La speranza che i ponteggi e gli operai che arriveranno non siano solo di passaggio, ma l'inizio di un nuovo capitolo. La speranza che Bastoggi possa finalmente scrollarsi di dosso l'etichetta di "quartiere dimenticato" per diventare semplicemente, e pienamente, un pezzo di Roma. Una Roma che non lascia indietro nessuno.
Redazione
Autore dell'articolo
Giornalista e scrittore appassionato di politica, tecnologia e società. Racconta storie con chiarezza e attenzione ai dettagli.
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