Cancellare notizie da internet La trasmissione di Report Potrebbe cambiare tutto

Cancellare notizie da Internet è diventato un passo fondamentale per chi desidera tutelare la propria reputazione digitale e proteggere i propri diritti online. La guida completa ai tuoi diritti digitali parte proprio dal cosiddetto diritto all’oblio, un principio riconosciuto dalla normativa europea che consente di rimuovere contenuti lesivi dal web, articoli diffamatori, informazioni obsolete o notizie giudiziarie non più attuali.

20 ottobre 2025 07:50 16
Cancellare notizie da internet  La trasmissione di Report Potrebbe cambiare tutto
13 minuti di lettura

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Cancellare notizie da Internet: la trasmissione di Report potrebbe cambiare tutto. Dopo la “bomba”, la legge Cetabia rischia di essere riscritta

La recente puntata della trasmissione Report ha riacceso il dibattito sul diritto alla cancellazione delle notizie dal web e sulla necessità di aggiornare la normativa attuale. L’inchiesta, definita da molti come una vera e propria “bomba mediatica”, ha portato alla luce numerosi casi di cittadini e imprese danneggiati dalla presenza online di contenuti vecchi, inesatti o diffamatori, rilanciando l’urgenza di una legge più chiara ed efficace.

Al centro del dibattito c’è la legge Cetabia, che disciplina la gestione dei contenuti online e la possibilità di richiederne la rimozione. Fino a oggi, la normativa è stata considerata da molti esperti troppo frammentaria e lenta nel rispondere alle esigenze reali di tutela della reputazione digitale. L’inchiesta di Report ha mostrato come articoli risalenti anche a dieci o quindici anni fa continuino a influenzare la vita professionale e personale delle persone, compromettendo opportunità lavorative, relazioni e accesso al credito.


La pressione dell’opinione pubblica potrebbe ora spingere il legislatore a intervenire, introducendo modifiche sostanziali alla legge Cetabia. Tra le ipotesi in discussione, l’introduzione di un diritto alla cancellazione automatica dopo un certo periodo di tempo per contenuti non più rilevanti, e una procedura semplificata per richiedere la deindicizzazione di link lesivi dai motori di ricerca. Inoltre, si parla di un rafforzamento del diritto all’oblio, che potrebbe includere sanzioni più severe per i portali che non rispettano le richieste di rimozione.


Il tema tocca anche le aziende, sempre più consapevoli dell’impatto che la reputazione online ha sul loro successo. La possibilità di cancellare notizie obsolete o dannose in modo più rapido e trasparente rappresenterebbe un passo decisivo verso una gestione più equa del mondo digitale.


L’inchiesta di Report ha dunque aperto uno spiraglio importante: se la legge Cetabia verrà modificata, milioni di cittadini e imprese potrebbero finalmente avere strumenti concreti per difendere la propria immagine online. La battaglia per il diritto all’oblio e per la cancellazione dei contenuti dal web entra così in una nuova fase, e il prossimo intervento legislativo potrebbe segnare una svolta storica nel rapporto tra informazione, privacy e reputazione digitale.


Sapere come cancellare articoli e notizie negative dai motori di ricerca è essenziale per riappropriarsi della propria immagine: attraverso procedure specifiche è infatti possibile cancellare il proprio nome da Google e eliminare link indesiderati dai risultati di ricerca, migliorando così la percezione pubblica della propria persona o azienda.


Quando le notizie online sono dannose, esistono strategie legali e strumenti efficaci per farle sparire legalmente, agendo direttamente presso i motori di ricerca o rivolgendosi a esperti del settore. In particolare, è possibile ottenere la rimozione di articoli diffamatori e vecchie notizie, comprese quelle legate a procedimenti giudiziari ormai conclusi, seguendo una procedura passo dopo passo. Anche la rimozione di informazioni personali da Internet è prevista dalla legge, specialmente quando tali dati non sono più rilevanti o ledono la dignità dell’interessato.


In presenza di notizie false o obsolete online, il consiglio è di tutelare subito la tua reputazione e chiedere la cancellazione: agire tempestivamente consente di ridurre l’impatto negativo sull’identità digitale e garantire un controllo più efficace della propria immagine pubblica. Conoscere strumenti e procedure per cancellare notizie, link e articoli indesiderati è oggi una competenza indispensabile per chiunque voglia difendersi e gestire consapevolmente la propria presenza online.


La persistenza della memoria digitale rappresenta una delle sfide ordinamentali più significative del XXI secolo. La perenne accessibilità di informazioni, notizie e dati personali sui motori di ricerca, primariamente Google, genera una tensione costante tra diritti fondamentali: da un lato, il diritto del singolo alla protezione dei dati personali e alla riservatezza (Art. 8 CEDU) e, in particolare, il "diritto all'oblio" (Art. 17 GDPR); dall'altro, la libertà di espressione e il diritto di cronaca, manifestazione del diritto del pubblico a essere informato (Art. 10 CEDU e Art. 21 Cost.).

La "cancellazione" di notizie da Google è un'espressione atecnica. È necessario distinguere due concetti giuridicamente e tecnicamente distinti:

  1. Rimozione (Takedown): La cancellazione fisica del contenuto (l'articolo, la pagina web) dal server che lo ospita. Questa azione è di competenza dell'editore o del webmaster del sito sorgente.

  2. Deindicizzazione (Delisting): La rimozione del link a quel contenuto dai risultati di una ricerca effettuata tramite un motore di ricerca (SERP - Search Engine Results Page) in associazione al nome e cognome di una persona fisica. Il contenuto resta online sul sito sorgente, ma non è più reperibile tramite ricerca nominativa.

Il presente testo unico analizza le metodologie, gli attori istituzionali e le criticità di questo processo, con un focus specifico sulle innovazioni normative e le strategie procedurali.


 La Riforma Cartabia e la Deindicizzazione delle Vicende Giudiziarie

Una delle innovazioni più rilevanti in materia di tutela della reputazione online connessa a procedimenti penali è stata introdotta dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

L'Art. 64-ter delle disposizioni di attuazione del c.p.p.

La Riforma Cartabia ha introdotto l'Art. 64-ter nelle "Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale". Questa norma istituisce un meccanismo specifico e diretto per la deindicizzazione di informazioni relative a procedimenti penali conclusi con esito favorevole per l'interessato.

Ambito di Applicazione e Procedura:

L'articolo stabilisce che la persona sottoposta a indagini o l'imputato cui sia stata applicata una delle seguenti misure:

  1. Un provvedimento di archiviazione;

  2. Una sentenza di non luogo a procedere;

  3. Una sentenza di assoluzione (divenuta irrevocabile).

possa richiedere, tramite istanza depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, che venga apposta un'annotazione digitale specifica.

Il Meccanismo Tecnico-Legale:

Il cuore della norma risiede nel comma 2. Su istanza dell'interessato, la cancelleria appone e conserva "una annotazione atta a precludere l’indicizzazione o a disporre la deindicizzazione, sulla rete internet, di ogni dato personale... contenuto nel provvedimento".

Questa norma non si rivolge direttamente all'editore (il giornale online), né impone a Google un generico "oblio". Essa crea un canale preferenziale e giuridicamente vincolante che opera su due livelli:

  1. Preclusione all'Indicizzazione (per futuri provvedimenti): Il provvedimento (es. la sentenza di assoluzione) viene "marCato" digitalmente dalla cancelleria, segnalando ai crawler dei motori di ricerca che quel documento, se pubblicato online, non deve essere indicizzato associato al nome dell'imputato.

  2. Disposizione di Deindicizzazione (per contenuti esistenti): L'istanza attiva un ordine giudiziario. La cancelleria, su disposizione del giudice, emette un "provvedimento di deindicizzazione" che può essere notificato direttamente ai motori di ricerca.

Differenza rispetto al GDPR (Art. 17):

Mentre il diritto all'oblio ex Art. 17 GDPR (vedi Sezione 2) impone al motore di ricerca (Google) un obbligo di bilanciamento tra il diritto alla privacy dell'interessato e l'interesse pubblico all'informazione, l'Art. 64-ter c.p.p. bypass tale bilanciamento. Si tratta di un'ingiunzione che deriva da un'autorità giudiziaria e che attesta l'esito favorevole del procedimento. Il motore di ricerca, in questo caso, non esegue una valutazione discrezionale, ma ottempera a un ordine.


 Le Tecniche di Intervento: Deindicizzazione (RTBF) e Rimozione (Takedown)

Al di fuori del caso specifico della Riforma Cartabia, esistono due metodologie operative per la gestione delle notizie pregiudizievoli.

Tecnica 1: La Deindicizzazione (Diritto all'Oblio ex Art. 17 GDPR)

Questa è la procedura standard, scaturita dalla celebre sentenza Google Spain C-131/12 della CGUE. Il motore di ricerca (Google) è qualificato come "Titolare del Trattamento" (Data Controller) per l'attività di indicizzazione e presentazione dei risultati.

Il Processo:

  1. Istanza dell'Interessato: Il soggetto (Data Subject) compila il modulo online (webform) predisposto da Google per la richiesta di "Diritto all'Oblio" (RTBF - Right to be Forgotten).

  2. Contenuto dell'Istanza: L'istante deve fornire:

    • L'URL specifico da deindicizzare.

    • Il nome e cognome per cui tale URL appare.

    • Una motivazione giuridica che spieghi perché il suo diritto alla privacy prevale sull'interesse pubblico. I criteri includono: l'obsolescenza dell'informazione, l'inaccuratezza, la non pertinenza, l'eccessività, la natura dei dati (es. dati sensibili o giudiziari).

  3. La Valutazione di Google (Il "Balancing Test"):

    • Google (attraverso il suo team legale/policy) esegue il bilanciamento.

    • Fattori a favore della privacy: Tempo trascorso, esito favorevole di un processo, natura non grave dei fatti, impatto sproporzionato sulla vita privata e professionale.

    • Fattori a favore dell'interesse pubblico: Rilevanza pubblica del soggetto (es. politico, figura apicale in un'azienda), gravità del reato (es. reati associativi, frodi finanziarie, reati contro minori), accuratezza e attualità della notizia, necessità di mantenere l'accesso all'informazione per scopi storici o di cronaca.

  4. Esito: Google può accettare (e deindicizzare l'URL solo per le ricerche nominative e, di norma, solo sui domini europei, es. google.it, google.de) o rigettare la richiesta con motivazione.

Tecnica 2: La Rimozione alla Fonte (Takedown)

Questa tecnica è più complessa e invasiva, in quanto mira a eliminare fisicamente il contenuto dal server dell'editore.

Il Processo:

  1. Diffida all'Editore/Webmaster: L'interessato (o il suo legale) contatta direttamente il titolare del sito web (es. la testata giornalistica).

  2. Fondamento Giuridico: La richiesta non si basa (solo) sull'oblio, ma su altri presupposti:

    • Diffamazione (Art. 595 c.p.): Se la notizia è falsa o esposta in modo non continente.

    • Violazione del Diritto di Cronaca: Se la notizia, pur vera all'origine, non è stata aggiornata (violando il "principio di verità" per come si è evoluto nel tempo).

    • Violazione del Codice Deontologico: Es. pubblicazione di dettagli non essenziali, morbosi, o dati sensibili senza autorizzazione.

  3. Criticità: Questa via incontra la fortissima resistenza degli editori, protetti dalla libertà di stampa. Salvo casi di palese diffamazione o errori fattuali, gli editori tendono a non rimuovere gli archivi storici. L'unica concessione che talvolta si ottiene è l'aggiornamento della notizia con gli esiti processuali (diritto di rettifica).


Gli Attori Istituzionali: Il Garante Privacy e Google Legal

Come funziona Google (Legal/RTBF Team)

Google non ha un "Google Legale" accessibile al pubblico per queste istanze. Dispone di team specializzati (RTBF Operations) che gestiscono le migliaia di richieste di deindicizzazione.


  1. Ricezione: L'istanza arriva tramite webform.

  2. Triage Iniziale: Verifica della completezza (URL, nome, documento d'identità).

  3. Analisi del Contenuto: Il team valuta la natura dell'URL: è un articolo di stampa? Un forum? Un registro pubblico?

  4. Analisi del Richiedente: È una figura pubblica? Un privato cittadino?

  5. Applicazione dei Criteri (Il "Balancing Test"): Come descritto nella Sezione 2, il team applica le linee guida dell'EDPB (European Data Protection Board) e la giurisprudenza nazionale e sovranazionale.

  6. Decisione: Il rigetto deve essere motivato (es. "Riteniamo che l'URL rivesta ancora un interesse pubblico"). L'accettazione porta alla deindicizzazione tecnica entro pochi giorni.

Google è un operatore privato che, pur applicando una normativa pubblica (il GDPR), opera una prima valutazione che è intrinsecamente discrezionale.

Come funziona il Garante per la Protezione dei Dati Personali

Se l'interessato riceve un rigetto da Google (o non riceve risposta entro 30 giorni), può tutelare i propri diritti rivolgendosi all'Autorità di Controllo.

  1. Presentazione del Reclamo (Art. 77 GDPR): L'interessato (personalmente o tramite legale/consulente) deposita un reclamo formale al Garante Privacy.

  2. Requisiti: Il reclamo deve includere la prova della precedente istanza a Google, il rigetto di Google e le motivazioni giuridiche per cui si ritiene che il bilanciamento operato da Google sia errato.

  3. Avvio dell'Istruttoria: Il Garante apre un fascicolo.

  4. Contraddittorio: Il Garante notifica il reclamo a Google (Google Ireland Ltd.), chiedendo a quest'ultima di fornire le proprie controdeduzioni (ovvero, la motivazione del rigetto).

  5. Decisione del Garante: L'Autorità, a differenza di Google, è un organo pubblico. Esegue un bilanciamento de novo (riesamina il caso da zero).

  6. Provvedimento Finale:

    • Archiviazione: Se il Garante ritiene corretto il bilanciamento di Google (l'interesse pubblico prevale).

    • Ingiunzione (Art. 58 GDPR): Se il Garante ritiene che il diritto all'oblio prevalga, emette un provvedimento ingiuntivo che ordina a Google di deindicizzare l'URL entro un termine perentorio (es. 30 giorni).

    • Il provvedimento del Garante è vincolante e la sua inosservanza comporta pesanti sanzioni amministrative pecuniarie per il Titolare (Google).


Le Difficoltà della Cancellazione e il Ruolo degli Esperti


Le Difficoltà Oggettive del Processo

La deindicizzazione non è un processo automatico, neanche dopo anni. Le principali difficoltà includono:

  1. La Nozione di "Interesse Pubblico": È il fulcro della discrezionalità. Notizie relative a reati gravi (es. mafia, corruzione, reati finanziari, violenza sessuale), specialmente se commessi da professionisti (medici, avvocati, imprenditori) nel contesto della loro attività, sono considerate di persistente interesse pubblico anche dopo decenni.

  2. Il Ruolo Pubblico del Richiedente: È quasi impossibile ottenere l'oblio per politici, figure istituzionali o manager apicali (CEO, CFO) per fatti connessi al loro ruolo, in quanto il pubblico mantiene il diritto di scrutinare il loro operato passato.

  3. Il "Diritto di Cronaca" e l'"Archivio Storico": La giurisprudenza (inclusa la Cassazione italiana) protegge il diritto delle testate giornalistiche a mantenere i propri archivi storici online. Il diritto all'oblio non cancella la storia.


  4. La Territorialità del GDPR (Geoblocking): Il diritto all'oblio si applica de jure solo all'interno dell'UE. Google lo applica deindicizzando dai domini europei (google.it, .fr, .de) e applicando un "geoblocking" basato sull'IP dell'utente. Un utente negli USA, cercando lo stesso nome, vedrà ancora l'URL.

  5. La Ripubblicazione (Effetto "Hydra"): Un contenuto rimosso o deindicizzato può essere ripubblicato su altri siti, richiedendo l'avvio di nuove procedure.

Il Ricorso a Consulenti Esperti (Reputation Management)

La complessità tecnica e legale del processo spinge molti interessati a rivolgersi a società specializzate (come quella da Lei menzionata, "Privacy Garantita", o altre agenzie di reputation management e studi legali specializzati in IT Law).


Il Ruolo dell'Esperto:

Queste figure non sono "hacker" né hanno canali preferenziali con Google, ma agiscono come consulenti tecnico-legali che massimizzano l'efficacia del processo:

  1. Analisi della SERP: Mappatura di tutti gli URL pregiudizievoli e classificazione della loro "rimovibilità" (difficile, media, facile).

  2. Drafting Legale: Redigono le istanze a Google (RTBF) e le diffide agli editori. Un'istanza redatta da un legale, che cita la giurisprudenza specifica (es. sentenze della CGUE, provvedimenti del Garante su casi analoghi) ha un peso diverso rispetto a un'istanza generica del cittadino.

  3. Gestione del Contenzioso: Gestiscono la corrispondenza con gli uffici legali degli editori e con i team di policy di Google.

  4. Escalation al Garante: Se Google rigetta l'istanza, l'esperto redige e deposita il reclamo al Garante Privacy, gestendo l'intera fase istruttoria e il contraddittorio.

  5. Monitoraggio: Le agenzie monitorano costantemente le SERP per verificare che gli URL non vengano reindicizzati e per intercettare nuove pubblicazioni negative.

Scegliere un consulente esperto non garantisce il risultato (nessuno può garantirlo, data la natura discrezionale del bilanciamento), ma aumenta la probabilità di successo strutturando la richiesta sui corretti presupposti giuridici e gestendo la burocrazia processuale.



La cancellazione di notizie da Google è un ecosistema giuridico complesso, un delicato bilanciamento di diritti fondamentali. Non esiste un "tasto delete" universale. Il legislatore, con la Riforma Cartabia (Art. 64-ter), ha creato un'autostrada procedurale per i soli esiti favorevoli di procedimenti penali, sottraendoli al bilanciamento discrezionale di Google. Per tutte le altre vicende, la via maestra resta il Diritto all'Oblio (Art. 17 GDPR), un percorso che richiede una valutazione caso per caso, dove l'obsolescenza del dato e il ruolo pubblico dell'interessato sono i fattori decisivi, e che spesso necessita dell'intervento dell'Autorità Garante per essere reso effettivo.

Domande frequenti

Sì. Google effettua un “balancing test” tra diritto alla privacy e interesse pubblico. Se ritiene prevalente l’interesse pubblico, può rigettare l’istanza motivandone le ragioni.
Si può presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali (Art. 77 GDPR), che riesamina il caso e può ordinare a Google la deindicizzazione.
Sì, soprattutto dopo la Riforma Cartabia (Art. 64-ter c.p.p.), che consente la deindicizzazione automatica di provvedimenti favorevoli come assoluzioni o archiviazioni tramite annotazione digitale.
Si può richiedere la rimozione diretta all’editore tramite diffida legale, invocando diffamazione o violazione del diritto di cronaca. In alternativa, si può agire giudizialmente.
No, il GDPR si applica solo all’interno dell’UE. Fuori dai confini europei, i risultati potrebbero essere ancora visibili a causa dei limiti territoriali della legge.
Solo se l’editore lo rimuove dal server. Altrimenti, con la deindicizzazione, il contenuto rimane online ma non è facilmente reperibile tramite il nome.
Perché la materia è complessa: un consulente esperto redige istanze più efficaci, gestisce il rapporto con Google e con il Garante, monitora la reputazione online e aumenta significativamente le possibilità di successo.

Cristian Nardi

Autore dell'articolo

Giornalista e scrittore appassionato di politica, tecnologia e società. Racconta storie con chiarezza e attenzione ai dettagli.

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